Descrizione del corso “Legami, vincoli e dipendenze:psicopatologie della vita quotidiana”
All’interno di tale convegno verranno trattate alcune delle variegate dipendenze della società
odierna: dipendenza da internet e social network, da gioco d’azzardo patologico, da shopping
compulsivo, da dipendenza affettiva e, in ultima analisi, la dipendenza dalla propria corporeità.
Ecco di seguito un breve sintesi su ognuna di queste tematiche che verranno adeguatamente
manifestate in sede congressuale.
La dipendenza da Internet o Internet dipendenza, meglio conosciuta nella letteratura psichiatrica
con il nome originale inglese di Internet addiction disorder (IAD), è un disturbo da discontrollo degli
impulsi.
Nel 1995 lo psichiatra americano Ivan Goldberg ha definito il concetto di Internet Addiction
Disorder (IAD), individuandone principali sintomi caratteristici quali:
1. il bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore “in rete” per ottenere soddisfazione;
2. la marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano internet;
3. lo sviluppo, dopo diminuzione o sospensione dell’uso della rete, di agitazione
psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade on-line;
4. la necessità di accedere alla rete con più frequenza o per più tempo rispetto all’inizio;
5. l’impossibilità di interrompere o di tenere sotto controllo l’uso di internet;
6. il dispendio di grande quantità di tempo in attività correlate alla rete;
Facebook, il più famoso social network ha sessanta milioni di iscritti al mondo, e sono in continua
crescita; si stima che circa il 10% degli utenti diventarne dipendente.
“Si distinguono 5 sottotipi di dipendenti da internet – spiega lo psichiatra Tonioni -:
1. il cyber-sexual addiction (sesso virtuale e pornografia),
2. il cyber-relational addiction (social network),
3. il net-compulsion (gioco d’azzardo, shopping e commercio on-line),
4. l’information overload (ricerca ossessiva di informazioni) e il
5. computer addiction (coinvolgimento eccessivo in giochi “virtuali” o “di ruolo”).
“I disturbi mentali caratterizzati da comportamenti estremi nella sfera dell’abuso da video –
spiega Tonioni - , possono condurre a un deterioramento del funzionamento fisico e psichico del
soggetto fino a farla diventare una patologia.
È patologia quando aumentano progressivamente le ore di collegamento e diminuisce il tempo
disponibile da dedicare alle persone care, agli amici e alla famiglia, quando il virtuale acquista una
importanza maggiore della vita reale dalla quale il soggetto tende a estraniarsi sempre più creando
problemi in ambito familiare, lavorativo, scolastico e della salute che si traduce in un malessere
psicofisico.
Il gioco d'azzardo patologico è un disturbo del comportamento che, anche se rientra tuttora nella
categoria diagnostica dei disturbi ossessivo-compulsivi, ha in realtà una grande attinenza con la
tossicodipendenza, tanto da rientrare nell'area delle cosiddette "dipendenze senza sostanze".
Nell’era multimediale il giocatore d’azzardo cambia faccia: mentre prima era facilmente
individuabile, “segregato” nei luoghi a lui deputati, ora chiunque sia in possesso di un computer,
di un collegamento a internet e di una carta di credito può essere un giocatore compulsivo. Il gioco
on-line è estremamente pericoloso proprio perché, dalla solitudine della propria casa, il giocatore
non ha freni, né inibitori né di tipo pratico: ha infatti 24 ore su 24 la possibilità di accedere al gioco
senza incorrere nello sguardo giudicante degli altri. Viene in questo modo a mancare anche la
funzione socializzante del gioco, che diviene un rituale solitario e, facilmente, una compulsione.
Anche qui, come nelle altre net-patologie, si crea un circolo vizioso in cui il soggetto rimane
incastrato, trascurando i rapporti sociali e familiari.
La sindrome da acquisto compulsivo è un disturbo ossessivo-compulsivo che indica il desiderio
compulsivo di fare acquisti, anche denominato shopping compulsivo, acquisto compulsivo, shoppingdipendenza
o "shopaholism".
È noto anche con il termine oniomania (dal greco onios = "in vendita," mania = follia) coniato dallo
psichiatra tedesco Emil Kraepelin. Non è riconosciuto come un disordine dalla American
Psychiatric Association (APA) ma nonostante questo ha ricevuto una notevole attenzione dei
media.
I soggetti che presentano questo disturbo, soprattutto donne di giovane età, se inizialmente
comprano per il piacere che si ricava da un nuovo acquisto, in seguito riportano uno stato di
tensione crescente, ed il desiderio di comprare diventa un impulso irrefrenabile.
In seguito all’acquisto compulsivo di oggetti d'ogni tipo, che il più delle volte vengono messi da
parte o regalati oppure buttati via, si riscontrano molto spesso sentimenti di colpa e vergogna.
È stata in particolare la studiosa statunitense S.L. McElroy ad occuparsi di questo fenomeno,
proponendo i seguenti criteri diagnostici per distinguere le persone che praticano lo shopping
come una normale attività, da quelle per cui esso assume caratteristiche patologiche:
1. La preoccupazione, l’impulso o il comportamento del comprare non adattivi esperiti come
irresistibili, intrusivi o insensati; comprare frequentemente al di sopra delle proprie
possibilità oggetti inutili (o di cui non si ha bisogno), per un periodo di tempo più lungo di
quello stabilito.
2. La preoccupazione, l’impulso o l’atto del comprare causano stress marcato, fanno
consumare tempo, interferiscono significativamente con il funzionamento sociale e
lavorativo o determinano problemi finanziari (indebitamento o bancarotta).
Il comprare in maniera eccessiva non si presenta esclusivamente durante i periodi di mania o
ipomania.
Una delle caratteristiche della società moderna è la presenza di un diffuso atteggiamento
consumistico e di una tendenza ad incoraggiare il comportamento d’acquisto, spesso alimentando
falsi bisogni che hanno gradualmente trasformato il possesso del prodotto in una vera e propria
fonte di felicità, in uno strumento per costruire una identità sociale accettata e gradita,
considerando lo shopping persino una tecnica per scaricare le tensioni di una giornata difficile.
Lo shopping compulsivo (o sindrome da shopping) rappresenta un disagio psicologico e
comportamentale caratterizzato da una tendenza a manifestare vere e proprie crisi di acquisto, una
forma di mania delle spese che, nei primi anni in cui è stato descritta, ha fatto guadagnare a questo
disturbo anche il termine di oniomania o mania del comprare (Kraepelin E., 1915).
La diffusa cultura dell’acquisto che connota l’attuale società spesso comporta delle difficoltà nel
tracciare una netta distinzione tra coloro che acquistano, soddisfacendo anche i loro più piccoli
desideri, e coloro che non riescono a gestire volontariamente i propri acquisti e che presentano un
problema di compulsive buying che, in virtù del suo profondo legame con le caratteristiche
consumistiche della società moderna, è stato anche definito eccessoressia .
La scelta degli articoli da acquistare spesso risponde ad un bisogno, più o meno cosciente, di
costruire dall’esterno la propria identità, attraverso la proprietà in generale o la proprietà specifica
di alcuni oggetti, individualmente o socialmente considerati come l’espressione di qualche qualità
positiva e vincente. Una conferma della connotazione simbolica che spesso può assumere
l’acquisto deriva da alcuni studi sulle tipologie di spese effettuate dagli individui affetti da
sindrome da shopping; il valore simbolico va indotto soprattutto quando si osserva una certa
ripetitività dell’acquisto di un certo tipo di prodotti, che vengono comprati come se si fosse alla
ricerca di importanti pezzi mancanti di un puzzle interiore da completare.
A questo proposito, le donne sembrano maggiormente propense a comprare vestiti, oggetti e
strumenti di bellezza; anche gli uomini acquistano prodotti legati alla cura del corpo, come capi di
vestiario o attrezzature sportive complesse, ma sembrano ancora più propensi a cercare il possesso
di simboli di prestigio sociale, come automobili o strumenti altamente tecnologici, spesso
riconducibili ai loro sogni professionali o sociali più alti e illusori.
Le differenze qualitative legate agli episodi di acquisto compulsivo, rispetto ai vissuti che
accompagnano un acquisto normale, riguardano anche le sensazioni e le emozioni sperimentate
dai compulsive buyers. Durante gli episodi, infatti, vengono descritti sempre degli intensi, e talvolta
contraddittori, stati emotivi che in alcuni casi vengono collegati a fattori esterni, come le proprietà
del prodotto, e in altri a sensazioni interiori.
Nel corso degli episodi spesso vengono descritti dei vissuti che si modificano durante l’acquisto,
perciò sono state distinte tre principali fasi del vissuto relativo al compulsive spending.
La chiave di distinzione sta nel grado di autonomia dell'individuo e nella sua capacità di trovare
un senso in se stesso. Diversamente da quanto comunemente si crede, l'amore nasce dall'incontro
di due unità, non di due metà. Solo per chi si percepisce nella sua completezza è possibile donarsi
senza annullarsi, senza perdersi nell'altro. Chi è affetto da dipendenza affettiva, non essendo
autonomo, non riesce a vivere l'amore nella sua profondità e intimità. La paura dell'abbandono,
della separazione, della solitudine generano un costante stato di tensione. La presenza dell'altro
non è più una libera scelta ma è vissuta come una questione di vita o di morte: senza l'altro non si
ha la percezione di esistere. I propri bisogni e desideri individuali vengono negati e annullati in
una relazione simbiotica.
La dipendenza affettiva, diversamente da quanto a volte si manifesta all'evidenza, non è un
fenomeno che riguarda una sola persona, ma è una dinamica a due. A volte il partner del
“dipendente affettivo” è un soggetto problematico, che maschera la propria dipendenza affettiva
con una dipendenza da droga, alcol o gioco d'azzardo. In questo caso i problemi del compagno
diventano la giustificazione per dedicarsi interamente all'altro bisognoso, non prendendosi il
rischio di condurre un'esistenza per sé.
La persona che ha una dipendenza affettiva di solito soffoca ogni desiderio e interesse individuale
per occuparsi dell'altro ma inevitabilmente viene delusa e il suo amore prende la forma del
risentimento. Allo stesso tempo non riesce ad interrompere la relazione, in virtù di ciò che
definisce “amare troppo”, non rendendosi conto che questo comportamento distrugge l'amore che
richiede invece autonomia e reciprocità.
Nella dipendenza affettiva, ciò che viene sperimentato come amore diventa una droga.
Parlando invece d’immagine corporea, tale concetto ha affascinato i neurologi e i
comportamentisti per oltre un secolo. La definizione più quotata è forse quella proveniente da una
classico di Paul Schilder del 1935, L’immagine e l’apparenza del corpo umano: “L’immagine del
nostro corpo che ci formiamo nella mente, e cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare”. Anche
Schilder riconosce che le attitudini ed le emozioni - come sentiamo la nostra apparenza fisica -
sono una componente essenziale della nostra esperienza corporea, che opera sia a livello della
coscienza sia al di fuori della nostra consapevolezza, nel privato e nello spazio sociale.
La maggior parte delle persone limitano l’idea di immagine corporea all’apparenza fisica, alla
bellezza e all’essere attraenti. Ma sicuramente c’è dell’altro. È la rappresentazione mentale di noi
stessi, che non è solamente influenzata dai nostri sentimenti, ma che influenza gran parte del
nostro comportamento, emozioni, pensieri ed autostima. La percezione del corpo, le emozioni e le
nostre convinzioni orientano i nostri progetti, chi incontriamo, chi sposiamo, la natura delle nostre
interazioni, il nostro benessere quotidiano e la tendenza ad avere disturbi di natura psicologica.
Tipologia corso: Corso di aggiornamento